Prima dell’alba / Paolo Malaguti

Prima dell’alba / Paolo Malaguti. Vicenza : Neri Pozza, 2017

Recensione di Francesca Koban

Nell’ultimo romanzo di Paolo Malaguti, Prima dell’alba, la scrittura – intrecciando documentazione storica e invenzione – riesce ad acquistare un fortissimo potere evocativo, mentre la struttura narrativa determina una stratificazione di livelli di lettura. Accanto alla rievocazione dei giorni che precedono Caporetto tramite la voce degli uomini al fronte, si accompagna un’inchiesta, apparentemente scollegata, condotta nell’Italia fascista.

La guerra è raccontata dal punto di vista dei soldati al fronte, in particolare da quello del protagonista, Vecio, che non rimane però punto di vista isolato. Uno dei motivi d’interesse del romanzo è sicuramente la ricerca documentaria, che emerge tanto nelle citazioni che aprono i diversi capitoli, quanto nel lessico e nel gergo della trincea, che l’autore ricrea con sapienza nelle sue pagine. Questa scelta permette di restituire maggiore credibilità alla voce dei personaggi, che diventa così il punto di convergenza di molte memorie sepolte. I pensieri, le riflessioni e le esperienze dei personaggi, proprio grazie alla corrispondenza e al rispecchiamento linguistico che si creano, vengono amplificati in quelli delle lettere o dei canti citati.

Si noti inoltre che – se la storia è d’invenzione – l’episodio da cui trae spunto (la morte arbitraria di un giovane) non lo è

Il generale fucilatore – La Grande Guerra

In questo contesto, in cui la creazione letteraria si mette in larga misura al servizio della storia, occupa uno spazio importante la rievocazione delle regole di vita della trincea, con i suoi rapporti personali, la psicologia dei soldati e la loro fisicità, fondamentale proprio in quanto costantemente minacciata, e perché documento essa stessa degli orrori bellici.

La seconda linea narrativa somiglia inizialmente a un semplice giallo, in cui l’ispettore Molossi si trova ad indagare su un caso all’apparenza semplice. Poco a poco però le due linee finiscono per incontrarsi. Proprio grazie all’inchiesta, Malaguti crea una sorta di triangolazione tra il punto di vista dei soldati che parteciparono agli eventi, il nostro di lettori, proiettati in un futuro certo non remoto, ma abbastanza lontano di quei fatti, e quello di chi si trovò a farvi i conti a pochi decenni di distanza. In questo modo non solo chiama in causa le responsabilità di un’Italia fascista che non seppe (e non volle) fare i conti col passato, offrendo giustizia a chi aveva pagato il costo più alto del conflitto, ma riflette più in generale sul fondamentale valore di una corretta memoria storica per la società.

Francesca Irene Koban (1985) si è laureata in Lettere moderne presso l’Università di Padova, dove ha conseguito il titolo di dottoressa di ricerca. In seguito ha lavorato come docente a contratto e assegnista. Attualmente insegna Discipline letterarie nella scuola secondaria.

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