English: "U.S. Army Photo", number 163-12-62. Left: Patsy Simmers (mathematician/programmer), holding ENIAC board. Next: Mrs. Gail Taylor, holding EDVAC board. Next: Mrs. Milly Beck, holding ORDVAC board. Right: Mrs. Norma Stec (mathematician/programmer), holding BRLESC-I board, 1962, Historic Computer Images

PC e word processor

L’introduzione del PC, Personal Computer, negli anni Ottanta propone un rapporto personale tra storico e macchina, in un ambiente più amichevole e facile da esplorare che meglio si adatta “all’artigianalità del modello” spesso rivendicata dagli storici.[1]

La stessa storiografia quantitativa trova nuova fortuna, ad esempio nel campo della demografia storica e nei modelli di simulazione, ma è soprattutto la flessibilità dei nuovi calcolatori a spingere lo storico verso le potenzialità di elaborazione e archiviazione dati non adeguatamente sviluppate negli anni Sessanta/Settanta.[2]

La diffusione del PC modificò radicalmente il rapporto tra storici e informatica, con un uso individuale dei calcolatori ormai da tavolo o portatili e nella scelta degli strumenti: ogni storico poteva finalmente creare il suo personale archivio, attraverso fogli elettronici, database e programmi di gestione dei database, moltiplicando i filtri per le innumerevoli sfaccettature della storia.[3] Al di là della soddisfazione individuale di ogni storico di potere memorizzare grandi quantità di dati sul proprio computer, adottando chiavi di ricerca interna a proprio uso, rimangono comunque i limiti di questo prezioso strumento nel contesto della ricerca storica. Tali limiti sono insiti nel concetto di database, quale modello formale per la rappresentazione di porzioni della realtà che come ogni modello prevede un dettagliato progetto iniziale per individuare le relazioni tra entità e attributi, poco adattabile alla maggior parte delle fonti storiche, in cui i tentativi di uniformare linguaggi e contesti comportano spesso una perdita per il ricercatore. Inoltre, la maggior parte dei software di gestione-dati in commercio non sono pensati e programmati per le particolari esigenze della ricerca storica, come i primi database utilizzati dagli storici dagli anni Ottanta: Lotus 1-2-3, dBase o Reflex, Procouste sino agli attuali Access di Microsoft o MySQL.[4]

Tra i tentativi di dare alla Storia un prodotto su misura, pensato e sviluppato da storici per storici, ci sono progetti come CLIO di Manfred Thaller, presentato nel 1984 poi modificato nel 1987 e ribattezzato KLEIO cui sono seguite varie versioni negli anni Novanta. KLEIO è un software elaborato presso il Max-Planck-Institut e concepito per gestire una historical workstation in grado di soddisfare le molteplici esigenze di trattamento informatico delle fonti storiche.[5] La mancata fortuna di strumenti sofisticati come KLEIO è da attribuire sia alla difficoltà di utilizzo del software da parte dell’utente-storico, spesso digiuno di informatica, che all’evoluzione delle tecnologie che dagli anni Novanta ha reso disponibili alla comunità scientifica storica strumenti più completi ed intuitivi, come ad esempio le applicazioni di linguaggi di marcatura o digitalizzazione dei testi. I linguaggi di marcatura come SGML e XML permettono l’accesso alla documentazione archivistica, superando quel riduttivo incasellamento di dati in una sorta di questionario diverso per ogni progetto di ricerca, che aveva caratterizzato il rapporto tra computer e fonti nei decenni precedenti e permettono la realizzazione di progetti come il Codice Diplomatico della Lombardia medievale (secc. VIII-XIII)[6] ideato e curato da Michele Ansani che ripropone gli elementi del discorso diplomatico entro un linguaggio di marcatura valido per la tipologia del documento.[7]

Nel corso degli anni Novanta, l’immagazzinamento e l’organizzazione dei dati elaborati dalle grandi collezioni ad uso degli storici incontra le esigenze dell’editoria elettronica attraverso la pubblicazione di banche dati su supporto digitale, il Cd-Rom. Fondamentali in questa fase sono certo l’esperienza francese del CETEDOC, Centre de traitement électronique de documents dell’Université catholique de Louvain-La-Neuve, che dagli anni Settanta ha avviato la realizzazione di una banca data di documenti editi ed inediti del Corpus Christianorum estesa poi alla costituzione della Library of Christian Latin Texts, attraverso vari CD-Rom editi da Brepols. Tra gli strumenti più utili al medievista è certo l’edizione digitale su Cd-rom delle 5 serie in cui è ripartita l’edizione cartacea dei Monumenta Germaniae Historica e The Patrologia Latina Database in 5 CD-Rom per gli editori Chadwick & Healey di Cambridge.

Il word processor: ipertesto e ipermedialità

La vasta diffusione del personal computer ha introdotto un altro strumento prezioso sulla scrivania dello storico: il word processor. Lo studioso possiede ora uno strumento in grado di modificare il suo rapporto con la scrittura attraverso programmi informatici, con il vantaggio di avere un testo semilavorato, di utilizzare gerarchie o ancora di aprire finestre nel testo stesso, rendendolo così ipertestuale.

Il computer a differenza della macchina da scrivere permette allo studioso di avere maggior libertà di modificare il testo, aggiornarlo, selezionarlo, cancellarlo, ed offre la possibilità di molteplici rimandi ad altri documenti legati da un filo costruito dall’autore, con la possibilità di partire da un punto qualunque e visionare porzioni di testo entro percorsi già definiti, in totale autonomia rispetto all’intero testo. La stesura del testo ed i suoi apparati rappresenta per lo storico parte integrante della ricerca, quale esposizione e interpretazione dei risultati delle informazioni raccolte dalle fonti, e come tale segue determinate metodologie: dallo storicismo tedesco al positivismo che considerano le note quali testimonianze di ciò che si asserisce nel testo, a quella assolutamente autonoma in cui il testo diviene racconto dal punto di vista dello storico con rinvii a bibliografie tematiche.

Il word processor ha soppiantato completamente la macchina da scrivere modificando in parte il rapporto tra scritto e scrivente, oggi più completo nelle sue fasi di montaggio, sino ad una vera e propria anteprima di stampa, ma la modalità di scrittura è rimasta la stessa soggettiva di sempre anche tra gli storici, le cui riserve sono forse di fronte al testo inteso come cantiere, quindi “perennemente alla stadio di semilavorato”, la cui volatilità anche in relazione ai software utilizzati può contravvenire all’idea di storiografia tradizionale.

Connessioni e trasposizioni tra ipertesto e database sono il grande vantaggio ipermediale introdotto dal personal computer, ovvero informazioni diverse vengono trattate nello stesso ambiente e connesse tra loro attraverso un testo attivo, aperto verso molteplici direzioni di lettura in relazione tra loro entro lo stesso documento o tra documenti esterni, in una narrazione storica confermata da indizi e prove a portata di mano. Proprio questa caratteristica di rimandi immediati fa dell’ipermedialità un ottimo campo sperimentale per enciclopedie tematiche [8] su cd-rom oltre che un ottimo strumento didattico come si può vedere visitando alcuni siti didattici online come THELEME, Techniques pour l’Historien en Ligne: Etudes, Manuels, Exercices [9] o l’Università virtuale ICoN Italian Culture on the Net[10]. Fonti e narrazione, capisaldi della metodologia di ricerca storica tradizionale [11], oggi si avvalgono delle nuove tecnologie usufruendo di risorse quali l’ipertestualità e la multimedialità dei testi diffusi attraverso la Rete. Internet come strumento di ricerca storica, offre la possibilità di rendere visibile con un semplice click il percorso intrapreso dal narratore, trattando diverse tipologie di materiale di ricerca nello stesso contenitore e infrangendo così i muri di archivi e biblioteche. I contenuti per gli storici disponibili online, sono fonti e saggistica, ossia riproduzioni digitali di documenti d’archivio ed elaborazioni su fonti e contesti già concluse, disponibili in banche dati e in vari formati o in relazione tra loro tramite rimandi interni al testo o estesi all’intera Rete, in un percorso che può partire da ogni punto. Per contro la perdita di sequenzialità del documento ipertestuale sottrae al discorso storico tratti importanti, dalla periodizzazione alla stessa conclusione, che il lettore potrebbe non selezionare.[12]

Il trattamento di queste due risorse basilari per lo storico sono oggetto di sperimentazione nel campo delle risorse digitali da parte di alcuni storici. Ad esempio Robert Darnton propone di riprogettare in chiave digitale il saggio storico attraverso un diverso rapporto tra fonti e narrazione, attraverso una piramide articolata in diversi strati che approfondiscono la narrazione di tipo professionale, rispettando i modelli di elaborazione storiografica e garantendo spazio autonomo alle componenti di tipo conoscitivo integrate con nuove componenti grazie alle opportunità offerte dai nuovi media.[13] Robert Townsend ha classificato questo tipo di editoria storiografica digitale come “addizionale”, includendo in essa articoli e monografie che usano i link ipertestuali verso altre fonti primarie e secondarie del web a scopo illustrativo. Altre categorie individuate dallo studioso sono “testuale” con semplici riproduzioni di articoli editi e la “fondativa” testi che integrano pienamente le risorse elettroniche, intrecciando strettamente la narrazione e le fonti primarie in un percorso dove le fonti acquistano maggior rilevanza rispetto alla narrazione che sembra esserne il supporto.[14] In Rete un esempio di storia scritta in sequenza multipla, attraverso una narrazione stratificata è The Valley of Shadow, il sito sulla Guerra di Secessione americana, curato da Edward L. Ayers, il cui progetto consiste in un archivio ipermediale di fonti di diversa natura che permette di leggere la storia da più punti di vista in una sorta di archivio parlante. [15] Mentre la storia fatta per immagini fotografiche in un montaggio multimediale imprescindibile dalla narrazione è ospitata nel sito dedicato allo sviluppo urbano di Los Angeles, Los Angeles and the Problem of Urban Historical Knowledge, dello storico Philip J. Ethington.[16]

 


[1] Detti, [1996], in Soldani – Tommasini, [1996], p. 87-89.

[2] Vitali, [2004a], p. 31.

[3] Le numerose applicazioni dell’informatica per gli studi storici creano forte interesse tra gli studiosi come dimostrano le riviste specializzate in questo settore nate in quegli anni, come ad esempio “History and Computing”, pubblicazione ufficiale dell’“Association for History and Computing – AHC”, un associazione internazionale fondata nel 1986 con molte radici nei Paesi Bassi e che, da anni, promuove l’uso del computer nel mondo degli storici, con la sua rivista, le sue conferenze annuali ed oggi anche con il sito web dell’associazione.

[4] Rowland, [1996] in Soldani -Tommasini, [1996], p. 52-54.

[5] Itzcovitch, [1993], p. 40. La workstation storiografica di Thaller è un sistema integrato di programmi, in particolare un database in grado di trattare dati provenienti da fonti diverse con un database specifico per il trattamento di informazioni storiche, in grado di collegarsi ad altri sistemi informatici

[6] Codice diplomatico della Lombardia medievale (sec. VIII-XII), [2000-2005].

[7] Ansani, [1999].

[8] Rowland, [1996] in Soldani – Tommasini, [1996], p. 48-49.

[9] Minuti, [2001].

[10] Theleme. Techniques pour l’historien en ligne: etudes, manuels, exercices, [2002-2005].

[11] Consorzio IcoN: Italian Culture on the Net, [2000-2005].

[12] Ortoleva, [1996] in Soldani – Tommasini, [1996], p. 75-82; Criscione, [2000].

[13] Darnton, [1999].

[14] Vitali, [2004a], p. 119-124.

[15] The Valley of Shadow, [1993-2005]; Vitali, [2004a], p. 121-122.

[16] Los Angeles and the Problem of Urban Historical Knowledge, [2000-2003]; Vitali [2004a], p. 123-124.

Tratto da

Le biblioteche digitali per gli studi medievistici / Stefania Manni tesi di Laurea Magistrale discussa all’Università di Ca’ Foscari nel 2005, relatore Riccardo Ridi. LS/5 ARCHIVISTICA E BIBLIOTECONOMIA

 

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