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Kadinjača Memorial Complex Kadinjača, Serbia 1979 Formerly Yugoslavia © 2018 Darmon Richter

Monumentalism

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un sempre più crescente interesse per la produzione artistica e architettonica dei paesi dell’ex blocco orientale. In particolare per le opere d’arte monumentali costruite in questi paesi nel corso del secondo dopoguerra, in ricordo dei tragici avvenimenti della seconda guerra mondiale, degli eccidi nazi-fascisti e delle diverse forme delle Resistenze locali. Sul tema si stanno svolgendo mostre, convegni scientifici, si traducono testi, si scrivono libri, tesi di dottorato, ma è soprattutto attraverso il web (siti, blog, social…) che si sta diffondendo a scala mondiale la conoscenza di questi capolavori dell’architettura della memoria. Se i primi contesti ad essere esplorati erano i paesi dell’ex Unione Sovietica (a partire dalle mostre Ostalgia al New Museum di New York e Soviet Modernism all’Architekturzentrum a Vienna di qualche anno fa) è la Jugoslavia titina ad essere, oggi, oggetto di questa curiosità globale.

Il merito di tutte queste iniziative culturali e scientifiche è sicuramente quello di aprire gli occhi verso i tesori artistici e architettonici dell’Europa orientale. Nel bene e nel male, l’architettura e l’arte del periodo socialista vanno ora decisamente di moda. In parte per un’attrazione generale verso qualsiasi fenomeno vintage, attrazione che si riflette in molte operazioni culturali recenti sul tema. Ma soprattutto perché i recenti studi internazionali nel campo della storia, della storia dell’architettura e dell’urbanistica hanno inaugurato una diffusa esplorazione delle vicende storiche che hanno caratterizzato l’Europa dell’est nella seconda parte del Novecento. Su questo enorme bacino storico è finalmente possibile condurre approfondite analisi, sia grazie alla distanza storica (sono passati quasi trent’anni dalla caduta del muro di Berlino), sia per un più facilitato accesso ad archivi e a territori, fattore che ha non poco impedito qualsiasi ricerca nel passato in questo settore.

The Bohemian Blog e Monumentalism seguono questo flusso di interesse, e sono il frutto di un curioso e dettagliato lavoro di indagine del viaggiatore e fotografo Darmon Richter. Se il blog documenta i suoi numerosi viaggi, con l’intenzione di diffondere le proprie esperienze umane e il personale processo conoscitivo dei territori visitati, delle loro storie e del loro presente, con il sito Monumentalism Richter tenta una catalogazione dei monumenti del socialismo. Monumenti e architetture pubbliche dell’Armenia, della Bulgaria, Bielorussia, Georgia, Moldavia, dei vari stati dell’ex Jugoslavia (Serbia, Bosnia, Croazia, Slovenia, Macedonia) sono presentati in una piacevole impaginazione grafica attraverso schede. Le schede sono costituite da una fotografia e da magre informazioni base, che chiaramente riflettono l’aspirazione di crescere nel tempo. Solo un numero cospicuo di schede su edifici e opere d’arte, come un progressivo accumulo di informazioni base, potrà rendere questo database un utile strumento di conoscenza.

 

Monumentalism

 

Sebbene visivamente affascinanti, in particolare per la buona qualità della documentazione fotografica, i siti di Richter non raggiungono il dettaglio e la profondità del più celebre Spomenik Database | The Monumental History of Yugoslavia di Donald Niebyl. E peccano di un diffuso fascino esotico verso il soggetto, limitandosi all’estetizzazione dell’esperienza personale, sfuggendo da qualsiasi loro problematizzazione e contestualizzazione storiografica.

In ultimo, anche questi due siti contribuiscono alla diffusione del fastidioso neologismo “Spomeniks”, coniato dal fotografo belga Jan Kempenaers nella sua campagna attraverso la ex-Jugoslavia di qualche anno fa, per etichettare questa straordinaria produzione artistica del secondo dopoguerra. L’appropriazione della parola serbo-croata “spomenik” (monumento) si decontestualizza in idioma inglesizzante, trasformando il tutto in “fenomeno stravagante”, in etichetta dal gusto favoleggiante. Rivelando così la natura del proprio intento, che sembra essere più quello del stupire che del capire.

 

Autore

Luka Skansi è storico dell’architettura, ricercatore presso l’Università di Rijeka, Croazia. Le sue ricerche si concentrano prevalentemente su tre contesti geografici e temporali: l’architettura e l’ingegneria italiana del ‘900, le arti e l’architettura in Russia-Urss, l’architettura nella ex-Jugoslavija. E’ membro del team curatoriale della mostra Toward a Concrete Utopia. The Architecture of Socialist Yugoslavia, attualmente al MoMA di New York.

Per approfondire:

  • Maroje Mrduljaš, Vladimir Kulić (eds.), Unfinished modernisations: between utopia and pragmatism: architecture and urban planning in the former Yugoslavia and the successor states. Zagreb: UHA/CCA 2012.
  • Martino Stierli, Vladimir Kulić (eds.), Toward a Concrete Utopia: Architecture in Yugoslavia 1948-1980, The Museum of Modern Art, New York, 2018.
  • Bogdanović by Bogdanović: Yugoslav memorials through the eyes of their architect, Vladimir Kulić (ed.), The Museum of Modern Art, New York, 2018.
  • Horvatinčić, Sanja. “The Peculiar Case of Spomeniks. Monumental Commemorative Sculpture in former Yugoslavia Between Invisibility and Popularity.” II Lisbon Summer School for the Study of Culture. Peripheral Modernities. 2012.
  • Horvatinčić, Sanja. “Monument, Territory, and the Mediation of War Memory in Socialist Yugoslavia.” Život Umjetnosti 96 (2015).