Non si passa! / Luca Missero

Questo manifesto, edito dalla Spes per la democrazia cristiana ed utilizzato nella campagna elettorale del 1948, ha uno sviluppo verticale.
In esso possiamo distinguere la figura predominante di un castello, dal quale viene fatto sollevare un ponte levatoio.
Sotto di esso si agita una folla impotente di uomini che brandiscono i pugni e stemmi del comunismo, a questa moltitudine si oppone la forza dello stemma dello scudo crociato.Dietro la merlatura del castello e dunque al sicuro da ogni pericolo, sventola la bandiera italiana, al fianco della quale compare la scritta “non si passa”.
I simboli

Il castello

La figura del castello in questo manifesto, è a dire poco dominante. La sua dominanza si rileva sia nelle immense dimensioni del ponte levatoio, sia nelle altissime mura, che si oppongo ad una folla che apparentemente nulla può fare per opporsi contro la solidià dell’edificio. Il castello è generalmente raffigurato come un elemento atto ad infondere sicurezza.  “un simbolo di protezione, assai più della casa, per forza delle sue alte mura che sembrano opporre diniego a qualsiasi avversità. [1]

Molto spesso è raffigurato in una posizione difficilmente accessibile, in una collocazione isolata, separata dal resto, racchiude qualcosa di lontano e di desiderabile.[2] In questo caso non appare così, ma il valore simbolico è del tutto invariato.

La forma della Gerusalemme liberata ad esempio, era una roccaforte irta di torri e di guglie altissime[3], nei secoli il castello è sempre rappresentato così.
Il castello raffigurato in questo manifesto, non propone argomenti né di tipo favolistico, né con particolari significati appartenenti al mondo del magico. Contrariamente ad altre raffigurazioni, l’immagine qui proposta è priva di alcune particolarità che caratterizzerebbero ulteriormente l’edificio[4], ma propone il tema unico dell’innalzamento delle mura di fronte al nemico comunista. La forma della merlatura è tipica dei castelli medievali, dove storicamente si radunava il popolo del borgo allorquando infuriavano le scorribande o pericoli di qualsiasi tipo. Si rivolge a livello d’immagine ad un vissuto storico della realtà italiana, come ad esempio a quello dell’Italia comunale, o ancora di più al Rinascimento, dove la specificità del popolo italiano aveva iniziato a prendere forma.

Il ponte levatoio

Una specifica trattazione merita il ponte levatoio. Ci dobbiamo chiedere innanzitutto se ha valenza per la qualità specifica di ponte o se piuttosto rappresenti una sorta di porta.
Analizziamo, con cura, i due aspetti. Il ponte rappresenta il passaggio dalla terra al cielo, dallo stato umano a quello sovrumano, dalla contingenza all’immortalità, dal mondo sensibile a quello insensibile.[5] Sono spesso simbolo del passaggio, ad esempio, quello che le acque separano dall’aldilà, in sostituzione del barcaiolo che traghetta le anime.[6] La stessa definizione di Pontifex, letteralmente costruttore di ponti, che significa in latino: sacerdote, egli è nel caso specifico costruttore e ponte, essendo mediatore tra cielo e terra.[7]

Nella tradizione iconografica cinese, il ponte che conduce nel mondo dell’aldilà è stretto e coloro che hanno peccato, cadono in un fiume pieno di liquami sanguinolenti e purulenti.[8] Alla luce di questi due esempi circa la definizione simbolica di ponte, possiamo rianalizzare il manifesto in questione. Il contesto nel qual è inserito lascia pensare che la sua interpretazione simbolica debba essere un’altra.

Il ponte non è affatto stretto, non s’intravede alcun corso d’acqua, non vi è alcun motivo di pensare che ci sia un passaggio verso un aldilà. E’ vero che la massa inquieta che si agita alle soglie del castello ha qualche somiglianza con la moltitudine di dannati che si accalcano sulle rive dell’Acheronte come fu raccontato da Dante nella Divina commedia, ma l’interpretazione da questo punto di vista rimane difficile, o almeno non esaustiva. Proviamo a considerare il ponte che si oppone all’entrata della folla come se si trattasse di una porta. La porta rappresenta il luogo di passaggio fra due stati differenti, fra mondi che talora sono opposti l’uno all’altro: fra ciò che si conosce e ciò che è invece del tutto oscuro e non conosciuto: da una parte l’incertezza delle tenebre, dall’altra la ricchezza della luce.[9] Non è solo lo spazio deputato all’accesso ad un semplice ingresso, ma è una reale apertura per quello che è posto dietro ad essa. Se il ponte indica un accesso, la porta indica invece l’accesso metaforico ad una zona fondamentale.[10] Essa rappresenta un segno di confine, una soglia fra condizioni diverse dell’esistenza, dove l’atmosfera cambia a seconda dalla parte della porta in cui ci si pone.[11] Nel simbolismo cristiano, la tendenza di fondo si attiene a quanto dice Gesù di sé stesso nel vangelo secondo Giovanni (10, 7), Gesù allora continuò: ”In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore… Io sono la porta. Chi entrerà attraverso di me sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà il pascolo. Il ladro non entra che per rubare sgozzare e distruggere. Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in sovrabbondanza.”
La porta assume anche un significato escatologico[12], è un luogo di passaggio, ma soprattutto d’arrivo, la possibilità d’accesso ad una realtà superiore. Persino il ritorno di Cristo descritto in Marco (13, 29) recita di un viaggiatore, Cristo stesso, che giunge davanti alla porta e bussa: “Il Figlio dell’uomo è alla porta”.

In generale, nella tradizione cristiana la porta assume un significato di primaria importanza, fino a giungere alla conclusione che la porta sia una designazione del Cristo stesso: Giovanni (10, 1-10), egli è la sola porta attraverso la quale le pecore possono giungere all’ovile, cioè al regno degli eletti.[13] Riassumendo quanto detto fino ad ora possiamo dire che sia nella simbologia relativa alla porta, sia in quella relativa al ponte, si possono individuare degli elementi funzionali alla nostra volontà di chiarire, cosa questo manifesto abbia volutamente trasmettere alla coscienza di chi lo osserva.

Lo scudo

Lo scudo è un’arma. Può essere di difesa come anche d’offesa. Dipende dalla fattura dalla quale è composto, e dalle eventuali iscrizioni che vi sono apposte. Spesso lo scudo è l’opposizione del cosmo contro chi viene fronteggiato.[14] San Paolo descrive accuratamente l’armatura che deve indossare un cristiano nell’affrontare un combattimento spirituale. Lo scudo è un elemento fondamentale rappresenta la Fede, contro la quale il Maligno va inesorabilmente a cozzarci contro.

La Fede spegnerà i dardi infuocati del Maligno, spegnerà le fiamme, in questo attributo, lo scudo assume un compito del tutto spirituale, la sua battaglia spirituale è rivolta contro l’eresia e contro le tentazioni della carne. Significativo è l’attributo rinascimentale che viene dato allo scudo. Nel dipinto del Mantegna “la Saggezza vittoriosa sui vizi” Minerva imbraccia uno scudo traslucido, come attributo della forza, della vittoria e della castità.[15] Lo scudo crociato, simbolo del partito della democrazia cristiana, rappresenta un particolare valore di difesa della cristianità contro gli infedeli.

La folla urlante dipinta di rosso

Poco rimane da dire sulla folla che si accalca sullo sfondo del manifesto. Si vede la dannazione della stessa, i visi urlanti e sconvolti, atterriti, dalla forza dello scudo crociato, che s’oppone alla sua entrata nel castello. I simboli agitati, quelli della falce e martello, sono arma inutile e demoniaca.Al solito la colorazione rossa ha un duplice significato: quello del cromatismo del partito politico avverso, e quello di conferire un aspetto sanguinario e demoniaco, un’appartenenza agli inferi che bene si collega alla simbologia del rosso. Infatti, nell’arte cristiana tradizionale il rosso era il colore sacrificale dei martiri e dunque del martirio di Gesù. Poi più avanti diviene, come dicevamo prima, il colore del diavolo e dell’inferno e degli animali da ritenersi sospetti, come la volpe.[16]

Le conclusioni

Questo manifesto conferma la valenza simbolica presente anche negli altri.
Possiamo dire, a scopo semplificativo, che il castello, inespugnabile fortezza, contiene i valori tipici del popolo italiano, li protegge e li contiene allo stesso modo in cui viene difeso il vessillo della bandiera italiana che sventola sulla sommità dello stesso. Lo stesso edificio per la sua merlatura, richiama il rinascimento italiano, non ha torto l’epoca nella quale si fondano le radici e lo splendore della nostra nazione.
La protezione deriva da quel ponte levatoio, da quella porta che sembra potersi scagliare e abbattere con forza sulla folla di figuri urlanti e demoniaci che assumono la valenza dell’oppressore straniero: lo straniero di fatto e lo straniero rispetto alla tradizione cattolica. Il suo scudo crociato assume la forza di un’arma impugnata contro chi, alla violenza e alla volontà demoniaca di opprimere, oppone la Fede e i valori che essa propugna. Al riparo nel castello, c’è la nostra storia, i valori della nazione, il valore inestimabile della fede.

Il messaggio è chiaro. Il baluardo ultimo, è la Fede e il partito che la rappresenta, che si fa portatore dei valori cattolici. Basta la forza di quello scudo per atterrire chi non condivide quei valori, e anzi, li vorrebbe distrutti. E’ qui che lo scudo non appare più solo forza d’opposizione, non più passivo diniego delle pretese altrui, ma sembra pronto ad abbassarsi come una scure sulla folla disgraziata, delirante e violenta. Dal punto di vista del panorama politico del 1948 l’affidamento alla Dc sembra l’unico rimedio contro la perdita dell’identità nazionale e dei valori della cristianità, nel timore di un’invasione di valori e di credenze avverse a quelle italiane.

 


[1] J. Chevalier, A. Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Milano, 1997, vol. I, p.217

[2] Op. Cit., J Chevalier, A. Gheerbrant, vol. I, p. 217

[3] Op. Cit., J. Chevalier, A. Gheerbrant, vol. I, p. 217

[4] Ad esempio esiste la figura del castello nero, definitivamente condannato a rimanere insoddisfatto, è l’immagine dell’inferno, del destino fissato senza speranza di ritorno. Il castello bianco è invece simbolo di destino perfettamente riuscito e di perfezione spirituale. Il simbolo del castello a luci spente è il simbolo dell’inconscio, del confuso, esattamente il contrario del cancello con le luci accese che significa candore, coscienza e progetto messo in opera.

[5] Op. Cit., J. Chevalier, A. Gheerbrant, vol. II, p. 238

[6] H. Biedermann, Enciclopedia dei simboli, Milano, 1991, p. 412

[7] Op. Cit., J. Chevalier, A. Gheerbrant, vol. II, p. 238

[8] Op. Cit., H. Biederman, p. 413

[9] Op. Cit., J. Chevalier, A. Gheerbrant, vol. II p. 240

[10] Op. Cit., H. Biedermann, pp. 412 – 413

[11] Op. Cit., H. Biedermann, p. 415

[12] Parte della Teologia che ha per oggetto l’indagine degli stadi finali dell’uomo e dell’universo.

[13] Op. Cit., J. Chevalier, A. Gheerbrant, vol. II, p. 243

[14] Op. Cit., J. Chevalier, A. Gheerbrant, vol. II, p. 351

[15] Op. Cit., J. Chevalier, A. Gheerbrant, vol. II, p. 351

[16] Op. Cit., H. Biedermann, p. 450

 

Autore: Luca Missero