manifesti 1948
manifesti 1948

I manifesti del Fronte Popolare / Luca Missero

I manifesti editi dalla Spes per conto della Democrazia Cristiana, si prestano bene ad un’analisi di tipo Junghiana, la predominanza dell’immagine sul testo e la ricchezza simbolica delle stesse, ci hanno permesso di esplorare questi documenti alla ricerca di quei valori simbolici che si richiamano al concetto d’archetipo dell’inconscio collettivo.

I manifesti del Fronte Popolare si presentano in maniera sostanzialmente diversa.

La presenza delle immagini in quest’ultimi è molto ridotta, soprattutto in relazione alla dimensione delle parti scritte del manifesto stesso. E’ difficile per questo motivo esperire un’indagine che conduca all’analisi della simbologia dei manifesti elettorali del fronte popolare.

La presenza d’ampie parti del manifesto che raccontano a parole le motivazioni dello stesso, tolgono in qualche maniera importanza e respiro alle immagini, che diventano supporto della parte enunciata del manifesto. In più la stessa rappresentazione iconica non si presta a nessuna lettura di tipo simbolico.

Nei manifesti proposti dalla Dc l’impostazione era nella generalità dei casi opposta: l’enunciato serviva a completare e a chiarire quello che era proposto dal disegno del manifesto, ma non era rappresentato da una frase che era per lo più uno slogan.

Le modalità d’indagine proposte

La prima cosa che dobbiamo cercare di capire, è il funzionamento del manifesto. Vi sono da chiarire innanzi tutto alcune regole che hanno una validità di carattere generale.

Prendiamo in considerazione che il manifesto rispetto ad altri media, ha un modo di rapportarsi nei confronti di colui che ne usufruisce, come unico elemento attivo, almeno così accade inizialmente. In poche parole, non vi è alcun’azione che l’utente deve compiere nei confronti del manifesto, nessun tasto che aiuti l’accesso, nessuna particolare predisposizione ad essere attirato dallo stesso.1 Dato che quest’ultimo è collocato sui muri delle città’, deve avere caratteristiche affascinanti allo scopo di attirare l’attenzione del passante.

Quando ci riferiamo al periodo storico del 1948, dobbiamo senz’altro tenere conto che i media avevano un impatto minore nella società, i mezzi radiofonici non erano presenti in tutte le case e la televisione non esisteva ancora.

Il metodo più in uso per la propaganda politica era indubbiamente il comizio elettorale.
Potremo individuare due livelli di percezione alla visione del manifesto: una è più immediata e presuppone una comunicazione affrettata e superficiale, la seconda è più approfondita. Nella prima avremo la percezione dei codici compositivi del manifesto, l’individuazione del rapporto testo immagine; vale a dire la proporzione esistente fra questi due codici, la presenza di segni o simboli riconoscibili o conosciuti, e tutto quello che possiamo chiamare grammatica costitutiva, che costituisce, di fatto, un effetto di senso per il ricettore. Al secondo livello quello più profondo, avremo la lettura dei sotto codici interpretativi: connessioni logiche, costruzioni linguistiche.2 Possiamo affermare che il manifesto è uno dei pochi strumenti dove il livello di comunicazione può essere anche solamente il primo.
A tal proposito, il manifesto al fine di avere una propria utilità, deve possedere la facoltà di intercettare con la massima efficacia l’attenzione dei ricettori.
La sua composizione deve essere per questo motivo molto semplice.3 La composizione deve essere estremamente leggibile, affinché questa riesca ad essere fruibile con immediatezza.

Il manifesto politico, individua quasi sempre il proprio destinatario, proponendo a lui, o alcune connotazioni ideologiche o semplici cognizioni che si presume esso conosca già.4 Esistono, all’interno d’ogni singolo manifesto, diversi elementi che s’integrano per arrivare congiuntamente al risultato del far – fare, e di conseguenza del far votare.5Ci sono due caratteristiche essenziali al manifesto che si possono individuare: la sinteticità, e l’ancoraggio.

La sinteticità è un elemento fondamentale. In primo luogo per l’impatto visivo in senso stretto, è più facile che sia osservato un’immagine quando questa ci appare subito leggibile, inoltre, il manifesto dovrebbe contenere la sintesi di quello che è già propugnato con altri mezzi, durante la medesima campagna elettorale.

Difficilmente il manifesto ricopre un ruolo autonomo, e d’altronde sarebbe impossibile, definire una campagna elettorale usando solamente dei manifesti murali, perciò la sua enunciazione segue in qualche maniera percorsi già noti.
A questo punto entra in gioco la seconda caratteristica del manifesto: l’ancoraggio. Ovvero il fatto che il manifesto fissa quelle che sono le caratteristiche peculiari del partito in questione, caratteristiche che poi sono promulgate con altri mezzi in maniera più estesa.6 La presenza del solo testo, a tal proposito non garantisce alcuna dote di sintesi, mentre la presenza delle immagini sintetizza assai meglio il messaggio elettorale, rendendolo più affascinante, e più apprezzabile dal punto di vista dell’immediatezza.

La funzione del manifesto si può riassumere nel “ far votare”, in quest’ottica la funzione d’ancoraggio diventa caratteristica preminente.7

Possiamo individuare due tipi di grammatiche differenti all’interno del manifesto.

Una grammatica costitutiva e una grammatica linguistica.

I codici presenti nel manifesto

Nella grammatica costitutiva possiamo riassumere diversi tipi di codici.

Il codice fotografico: riguarda la composizione iconica, costituisce la parte essenziale del manifesto, lo caratterizza e ne sintetizza alcune parti sancendo la carica emotiva dello stesso, indirizzandone la lettura.
Non ha importanza di che natura sia il codice, molto più importante il ruolo che l’immagine assume all’interno del manifesto e soprattutto è importante il piano della rappresentazione della scena. Per cui, secondo com’è impostata l’immagine, è conferita all’immagine un diverso sistema di valori.
Tra gli elementi del codice fotografico ci sono i simboli di partito, su queste immagini si è costruito un duplice sistema di significazioni, che le ha staccate dal primo piano d’espressione e le connota in maniera solamente ideologica.8

Altro codice presente nella grammatica costitutiva del manifesto è il codice cromatico. A nch’esso è uno degli elementi chiave del manifesto. La sua importanza risiede nella capacità di attrarre l’occhio del ricettore. E’ ovvio che un colore vivo e intenso rappresenti un’attrattiva visiva migliore, com’è anche vero che i colori assumono diverse connotazioni legate alle parti politiche, e in generale essi ricoprono un significato che nella società ha assunto un significato ben preciso: ad esempio il verde è il colore della speranza, il rosso simboleggia qualcosa di dinamico, il nero qualcosa di luttuoso. Inoltre il colore di là dalla connotazione stereotipica può essere un elemento che rende più facile la lettura del manifesto, sia per la capacità di creare contrasto, sia per la luminosità.9

Un altro codice è quello morfologico, riguarda la composizione è quello che caratterizza strutturalmente sia il rapporto testo immagine, sia ciò che concerne la composizione grafica. Questo codice costituisce anch’esso la grammatica espositiva e per questo ha un’importanza primaria.

Questo tipo di grammatica agisce al primo livello della percezione: vedi il ruolo dell’immagine principale, la saturazione degli spazi, e la disposizione iconica e testuale.
Il codice morfologico agisce anche ad un altro livello sotto forma di sottocodici interpretativi come capacità di condurre il destinatario alle operazioni di lettura. La focalizzazione del tema del manifesto, l’attenzione che il grafico deve porre nella cattura e nel facilitare la lettura del destinatario sono fondamentali.
A questo livello diviene di una certa importanza il ripetersi dei codici di trasmissione del linguaggio, al fine di dare continuità al messaggio e riconoscibilità di colui che lo trasmette.10

Il codice tipografico invece riguarda solo la composizione tipografica del testo, la nitidezza, la struttura e robustezza dei caratteri. Si occupa per lo più di mettere in risalto alcune porzioni di testo rispetto ad altre.11

Elementi fondamentali di un manifesto

Abbiamo detto in precedenza come l’insieme dei codici analizzati costituisca la grammatica costitutiva del manifesto.12
Abbiamo ragionato su quelle che sono le operazioni di messa in scena del manifesto e nello stesso tempo sottolineato come ciò avviene all’interno del testo.

In precedenza si è fatta menzione di una grammatica linguistica. Le due grammatiche non sono separabili in alcun modo, l’importanza che il testo assume all’interno del manifesto, fa sì che esse s’inglobino in una medesima cosa, entrambe hanno il compito di togliere ambiguità o all’immagine oppure alla figura proposta.

Con il nome di grammatica discorsiva vogliamo significare l’unione è il luogo dove avviene la produzione e l’investimento di senso.13

Nella grammatica costitutiva possiamo individuare quattro elementi fondamentali:
l’emittente, l’enunciazione, il destinatario, invito a votare.

Lo studio di Mancini segue il seguente schema:
Io emittente (s) dico (x) a te destinatario (d) per farti votare (v).

Secondo questa modalità di ricerca sarà nostro compito analizzare il contenuto dei manifesti elettorali della campagna elettorale del 48.

Analizziamo secondo queste componenti che sono state identificate quali possono essere le tipologie di manifesti che possiamo incontrare.

Schematizzando otterremo le seguenti differenti tipologie.

S
x
d
v
s
d
v
x
d
v
x
v
x
v
s
v

La prima tipologia nella quale sono presenti tutte le componenti del manifesto si presenta nella forma cosiddetta tipica.
In questi casi ritroviamo la rappresentazione di un discorso, molto spesso soprattutto quando l’emittente non è il partito direttamente si viene a creare un tipo di discorsività abbastanza lontano dal discorso politico classico.

La seconda tipologia, appartiene ad un caso abbastanza raro. La mancanza dell’enunciazione e la presenza di un emittente e di un destinatario è legata ad un invito a votare che non è giustificato da nessun’argomentazione.
Questo tipo di manifesti basa la sua forza su di un attività diretta a fascinare senza altri mezzi il destinatario.

La terza e la quarta tipologia si caratterizzano entrambe per la mancanza dell’emittente e la quarta anche per la mancanza del destinatario.

La presenza dell’enunciazione e dell’invito a votare non servono da sole a costituire la forma di racconto descritta come facente parte della prima categoria, manca in questo caso il personaggio principale, in altre parole colui che parla.

Nella quarta come nella quinta tipologia manca il destinatario; il manifesto in questo caso si propone di interessare il maggior numero di persone, proponendo cioè temi legati alla morale comune, evitando in questo modo di arrivare a specificazioni tali da caratterizzare politicamente il manifesto.

La sesta tipologia è quella relativa ai manifesti nei quali è presente solo l’invito a votare.14

L’immagine

Sappiamo come il codice fotografico non sia usato solamente per sostituire una parte del testo, ma anche per costituire l’emittente o l’enunciazione o il destinatario.

L’immagine non è più solamente l’oggetto della comunicazione, ma parte del processo comunicativo che si vuole porre in essere.

A volte l’immagine tende a mettere in evidenza il destinatario, o sottolinea il contenuto del discorso che è affrontato dal manifesto, oppure, in altri casi evidenzia in maniera chiara chi sia l’emittente del messaggio stesso15

La figura dell’emittente

Innanzi tutto specifichiamo che l’emittente non è colui che commissiona il manifesto, bensì, il soggetto al qual è imputabile l’invito a votare e l’enunciazione.

La presenza dell’emittente all’interno del manifesto, come anche la sua assenza corrispondono ad una strategia precisa.

Nel caso esso sia presente la struttura del discorso è di tipo discorsivo, mente la sua assenza suppone una narrazione di tipo predicativo.16

Il destinatario

Il ruolo del destinatario è di natura fondamentale, molto spesso l’enunciato assume una determinata importanza proprio in funzione a determinati interlocutori.
Il problema del destinatario ci porta a considerare alcuni concetti come quelli di presupposizione e di cooperazione interpretativa.

Il concetto di cooperazione interpretativa e bene spiegato da Umberto Eco, in generale egli ritiene che vi debba essere fra destinatario ed emittente una sorta di cooperazione interpretativa con il conseguente riferimento ad un bagaglio di presupposizioni essenzialmente scolastico.17

Gli artefici espressivi contenuti in un testo, qualsiasi esso sia, hanno bisogno di essere attualizzati da colui che si trova ad interpetarlo, potremmo dire, che l’enunciato ha bisogno di essere attualizzato.

In più è innegabile come un testo contenga in genere un contenuto di non detto estremamente più elevato di qualsiasi ad altro messaggio, e, dunque, richiede una cooperazione testuale da parte del lettore.18

In qualche modo il testo è intessuto di spazi bianchi d’interstizi da riempire, in qualche modo il testo è dotato di una sua pigrizia ed ha bisogno di qualcuno che lo faccia funzionare.19

Il discorso politico si rivela assai più complesso da analizzare rispetto a quello letterario, bisogna analizzare qual è il meccanismo di mediazione ideologica del riconoscimento che esiste alla base. La grammatica del riconoscimento, dunque non può fare a meno di un lavoro di presupposizione.20

Successivamente al primo livello di lettura, nel quale Eco comunque postula l’esistenza di una cooperazione interpretativa, il manifesto pretende un’altra forma di collaborazione, questa volta di natura facoltativa.
Quest’operazione la chiameremo riconoscimento, in altre parole selezione d’alcuni significati fra quelli possibili all’interno del manifesto.
In buona sostanza è il riconoscimento che abbina interlocutore giusto e lettura giusta.21

Dopo il meccanismo di cooperazione interpretativa dove si chiede al lettore di partecipare alla lettura del testo “significandolo”, si passa dunque ad un secondo livello, senza dubbio più complesso, d’interpretazione del testo in questione.

Le differenze che un testo politico propone rispetto ad un testo letterario concernono sia la presenza di un opera di persuasione che altrove non è seguita, sia il fatto che nel discorso politico non deve esistere la liberazione della fantasia. Il lettore del manifesto si trova anzi, di fronte un testo che prevede un cammini di lettura obbligato, già ampiamente scelto e studiato per risultare convincente.

Al primo livello di lettura si può osservare come il testo politico sia generalmente abbastanza semplice. Vale la pena di ricordare come il testo di un manifesto di solito debba catturare questioni che in qualche modo siano sotto gli occhi di tutti, legati in qualche modo ad argomenti di tutti i giorni. Il livello interpretativo non mette in evidenza quelle che sono gli intenti illocutori del manifesto stesso.22

Una volta che si è provveduto ad aver letto e interpretato il manifesto con il suo intento illocutivo, l’enunciazione deve essere accettata, e qui entrano in gioco le operazioni di riconoscimento.

Il lavoro presupposizionale fatto fin qui non è né classificatorio, né discriminante, ora invece diventa determinante ai fini della completa accettazione del messaggio. Questa consiste nel disambiguare il manifesto in questione attraverso l’uso di una enciclopedia ideologica. Questa sue conoscenze devono rendere possibile la lettura del manifesto secondo quello che il destinatario ritiene essere in linea con la sua visione della realtà.

A questo punto ciò che si richiede al destinatario è una cooperazione ideologica.23

Il riconoscimento nel manifesto si esplica in una serie di conferme di quello che era già facente parte a livello ideologico nel destinatario, L’emittente propone al destinatario proprio quello che quest’ultimo si aspetta di trovare all’interno del manifesto, rendendo in tale modo massima la sua accettazione.24 Detto questo risultano abbastanza ovvie il dispiegarsi di due conseguenze principali.

La prima è che, proprio il meccanismo del riconoscimento, prevede che il manifesto non abbia una grande forza di persuasione, in quanto trova terreno fertile solo laddove l’atteggiamento verso l’enunciato da parte del destinatario è già concorde.

Da ciò consegue pero’, una graduale assimilazione del patrimonio simbolico della parte politica in questione, che va a fare crescere l’enciclopedia ideologica del destinatario, fino a costituire un nuovo patrimonio segnico che diventa humus per le successive comunicazioni enunciative.

Cresce dunque, e questa è la seconda conseguenza preannunciata, il patrimonio interpretativo del destinatario che acquisisce nuovi termini e cognizioni adatte per procedere a livelli più alti di consapevolezza verso il messaggio.25

Innanzi tutto, bisogna distinguere fra le diverse modalità’ d’individuazione del destinatario, poi valutarne le differenti tipologie, infine analizzare i diversi modi di costruzione. La modalità d’individuazione del destinatario può essere di due tipi: un’esplicita, l’altra implicita.

Per quanto riguarda le diverse tipologie del destinatario la prima suddivisione è quella fra tipologie che definiscono il grado d’ideologizzazzione del destinatario senza individuare dei soggetti precisi. I gradi d’ideologizzazione sono ovviamente diversi e possono essere riassunti in: tipologia con connotazione ideologica semplice, della quale fanno parte tutti i soggetti che hanno un grado di costruzione ideologica minima, la seconda in tipologia ideologica complessa, a tale tipologia appartengono i destinatari la cui scelta presuppone una precisa scelta politica ed ideologica, la terza tipologia è rappresentata dall’enunciato che contrasta apertamente con l’ideologia connotata dal destinatario. Possiamo definire questa ideologia come: composizione ideologica strumentale.26

Tranne che nei casi nei quali il destinatario è esplicito è sempre il testo che identifica l’interlocutore del manifesto, quando questo apparentemente manca vuol dire che si rivolge ad un tipo di costruzione del destinatario piuttosto complessa, nel qual l’utente è selezionato per la sua alta caratterizzazione ideologica.

L’enunciazione

L’obbiettivo dichiarato del messaggio contenuto nel manifesto è di fare votare. Esiste alla base di questo messaggio un meccanismo manipolatorio che si svolge generalmente in sue operazioni distinte: per prima il far credere, ovvero motivare il destinatario, le seconda e il far fare ovvero fare votare il soggetto.27 Il fare credere a sua volta può essere a sua volta scomponibile in due momenti.

Si tratta a tutti gli effetti di una comunicazione del fare sapere, nella quale il destinatore manipolatore spinge il destinatario manipolato verso la mancanza di libertà cioè verso il non poter fare. La manipolazione di cui parliamo è data da due strutture essenziali una contrattuale, e l’altra di natura modale.

Possiamo riassumere il processo manipolatorio nelle due seguenti modalità:
enunciazione composta dal far essere, far credere, dal far fare; e l’invito a votare “a far fare”.

Il far essere è lo strumento fondamentale del consenso. La trasmissione dei segni diventa attraverso i quali si realizza l’attività informativa produce il senso del manifesto e contribuisce a creare quell’insieme di simboli che sono destinati ad entrare a pieno titolo nell’enciclopedia ideologica individuale del destinatario. Avviene cioè un rafforzamento delle strutture del riconoscimento.
Si crea in tal modo una sorta di rapporto sociale fra destinatario ed emittente.28
Possiamo dire che in buona sostanza il discorso politico in generale, e per cui anche quello presente nel manifesto, non produce che una piccola parte di rinnovato consenso, ma si presenta anzi come un discorso del tutto conservatore, che tende a rafforzare quel sistema di valori segnici che entrano nell’immaginario sociale.29

Ci sono due modi per il destinatore manipolatore di influire sul destinatario manipolato. Innanzitutto questi si potrà avvalere sul fare persuasivo valendosi della modalità del potere, proporrà cioè valori culturali positivi e valori negativi che corrisponderanno a delle minacce.30

Si vede che dunque il potere caratterizza la tentazione e l’intimidazione, che corrispondono all’esercizio positivo e negativo della modalità potere.
Per definire “tentazione” ci rifacciamo alla definizione contenuta nel dizionario francese Larousse :”tutto quello che ci spinge a fare una cosa.”

Quasi sempre l’oggetto della tentazione è un valore culturale molto vicino alla portata del destinatario del messaggio, motivo per il quale non vi è qui né una vera attività seduttiva, nemmeno il gusto della conquista ma solo il senso del possesso.31

Sull’asse del potere sopra descritto, troviamo l’intimidazione: ”atto o parole di minaccia che hanno lo scopo d’incutere timore e costringere ad agire o a desistere da un azione sotto lo stimolo della paura.”

Viene resa nota in questa modalità negativa, la natura delle pene e sui rischi che colui che non rispetta l’invito del potere, si troverà davanti. L’intimidazione è infatti è il far conoscere la paura, è un prevedere un futuro negativo al fine di obbligare il destinatario a mantenere un determinato atteggiamento.32 Il termine seduzione può essere riassunto nella locuzione: Forza di attrarre a sé, di allettare.” La seduzione si situa sull’asse del sapere e si caratterizza come manifestazione di un giudizio positivo. Esso concerne un tipo d’attività conoscitiva, sia per le conoscenza che riguardano le possibili ricompense, sia per l’interazione con le conoscenze e credenze del destinatario.33 Nella seduzione troviamo il gusto raffinato della conquista, dell’apprezzare e dell’essere apprezzato.

La provocazione è invece “l’atto con il quale s’induce uno a strumenti d’ira o azioni di violenza” . La provocazione può esercitarsi sull’asse del sapere nel momento nel quale si cerca di mettere in luce i limiti altrui.34

Alcune immagini dalla collezione di Maurizio Cavalloni, Titolare dello Studio Fotografico Croce – Archivio di Immagini Storiche – di Piacenza: Manifesti politici

 


1 P. Mancini, Per una semiologia del consenso, Torino 1980, p. 37

2Op. Cit., P. Mancini, p.38
3 Op. Cit. P. Mancini p. 38
4 Op. Cit., P. Mancini p. 42
5 Op. Cit. P. Mancini p. 42
6 Op. Cit., P. Mancini p. 43
7 Op. Cit., P. Mancini p. 47
8 Op. Cit., P. Mancini, p. 49
9 Op. Cit., P. Mancini, p. 50
10 Op. Cit., P. Mancini, p. 50
11 Op. Cit. P. Mancini, p. 51

12 l’uso del termine grammatica è peraltro di natura esclusivamente metaforica

13 Op. Cit., P. Mancini, p. 52
14 Op. Cit., P. Mancini, p.65
15Op. Cit., P. Mancini , p. 66
16 Op. Cit., P. Mancini, p. 70
17 Op. Cit., P. Mancini, p. 84
18 U. Eco, Lector in fabula, Milano, 1999, p.51
19 Op. Cit., U. Eco, p. 52
20 Op. Cit., P. Mancini, p. 84
21Op. Cit., P. Mancini, p. 84
22 Op. Cit., P. Mancini, p. 85
23 Op. Cit., P. Mancini p. 86
24 Op. Cit., P. Mancini, p. 86
25 Op. Cit., P. Mancini, p. 87
26Op. Cit., P. Mancini, p. 96
27 Op. Cit., Mancini P., p. 105
28 Op. Cit., P. Mancini, p.109
29 Op. Cit., P. Mancini, p.113

30 Op. Cit., P. Mancini. p. 114

31 Op. Cit., P. Mancini, p.117

32 Op. Cit., P. Mancini, p. 117

33 Op. Cit., P. Mancini, p.118

34 Op. Cit., P. .Mancini., pp. 118 – 119